di Achille
Nobiloni
Di fronte al perdurare della crisi economica sono
molti in Italia quelli che dicono e scrivono, specialmente sui social network, che
per risollevarci dalla difficile situazione in cui ci troviamo occorre:
riappropriarci della sovranità nazionale, uscire dall’euro, fregarcene del
limite del 3% al rapporto deficit/PIL, stampare moneta e ribassare
drasticamente le tasse.
Io non ho studiato economia ed è quindi
probabile che dica delle grandi sciocchezze ma a buon senso quella sopra
descritta mi sembra una battaglia di retroguardia combattuta più contro l’Unione
Europea e contro la Germania in particolare che contro la crisi economica, per
uscire dalla quale si vorrebbe in tal modo seguire una scorciatoia impervia,
scoscesa e rischiosa piuttosto che una strada maestra magari in salita e quindi
più faticosa ma certamente più sicura.
Se andiamo a vedere bene l’Italia sarà pur
sempre la seconda industria manifatturiera d’Europa ma è un Paese con un’industria
frastagliata in una miriade di aziende di dimensioni piccole e piccolissime, un
Paese povero di materie prime e risorse energetiche, un Paese le cui uniche ricchezze
(turismo, arte e intelletto) hanno bisogno di grandi risorse economiche per
essere adeguatamente coltivate e messe a frutto, insomma un Paese che con le poche
forze residue difficilmente riuscirebbe a camminare da solo e comunque non
andrebbe certo molto lontano. Superare la soglia del 3%, stampare moneta e
ribassare le tasse potrebbe voler dire, nell’immediato, allentare la pressione
sulle famiglie e ridare un po’ di slancio all’economia interna ma mi chiedo –
io che, ripeto, sono profano di economia – ha ancora senso al giorno d’oggi
parlare di economia interna?
Senza grandi risorse proprie, con un debito
pubblico tanto alto da sfiorare ormai i 2.100 miliardi di euro, quale sarebbe
la nostra affidabilità agli occhi degli altri Paesi? Quale credito avrebbero la
nostra moneta e i nostri titoli di Stato all’estero? Quale sarebbe la
spendibilità del nostro debito pubblico sui mercati internazionali?
Io credo che la nostra moneta e i nostri
titoli pubblici diventerebbero in breve tempo carta straccia e al di fuori dei
sia pur fastidiosi e vincolanti strumenti di controllo e tutela europei l’Italia
sarebbe facile preda della speculazione e presto destinata al tracollo.
Non sempre chi fa da se fa per tre. Credo
piuttosto che gli sforzi italiani anziché alla ricerca di una improbabile
soluzione autarchica, andrebbero indirizzati verso una soluzione condivisa a
livello europeo che: passi per una rivisitazione degli accordi per tener conto
delle situazioni nazionali più critiche (oggi posso essere in difficoltà io,
domani tu, dopodomani un altro, proprio come una decina di anni fa lo fu la
Germania); porti a una nuova strategia comune nei confronti della crisi e
ricollochi l’Europa tutta in una posizione più forte, o quanto meno più
equilibrata, nei confronti dei BRICs e degli USA.
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