Quando l'informazione parziale rischia di alimentare equivoci e malessere sociale
di Achille Nobiloni
Forse sopito, solo per il momento, il tema
delle “pensioni d’oro” c’è chi torna a gettare benzina sul fuoco alimentando,
si spera inconsapevolmente, se non proprio l’”odio” quanto meno lo “scontro”
intergenerazionale questa volta sul tema del confronto tra regime retributivo e
regime contributivo.
“Caro
pensionato che ti lamenti che la tua pensione retributiva di 2.000 euro lordi
sia bassa, vallo a raccontare a un giovane precario”:
questo ad esempio il tweet recente
non di un qualsiasi populista dell’ultima ora ma di un noto
economista, professore e autore di articoli su testate nazionali, e
questo l’immediato tweet di replica
di uno dei suoi lettori: “… e soprattutto
pensa cosa gli rubi con il retributivo che ti è stato graziosamente
riconosciuto. #contributivopertutti”.
Si direbbe insomma che sia proprio un’abitudine tutta italiana quella di spostare l’attenzione dagli aspetti centrali a quelli periferici di un dato tema o presentare le cose guardandole non di fronte ma da un angolo laterale e quindi con una prospettiva distorta, con tutto quel che ne consegue.
Si direbbe insomma che sia proprio un’abitudine tutta italiana quella di spostare l’attenzione dagli aspetti centrali a quelli periferici di un dato tema o presentare le cose guardandole non di fronte ma da un angolo laterale e quindi con una prospettiva distorta, con tutto quel che ne consegue.
Tanto per partire dall’esempio delle “pensioni
d’oro”: in Italia ci sono circa 16 milioni e mezzo di pensionati, dei quali 7,2
non arrivano a 1.000 euro lordi al mese (circa 2,2 sono addirittura sotto i 500
euro), circa 6,8 milioni hanno una pensione tra i 1.000 e i 2.000 euro, circa
2,4 milioni beneficiano di un assegno compreso tra i 2.000 e i 5.000 euro lordi
al mese e meno di 150 mila pensionati ricevono un assegno di oltre 5.000 euro
al mese. Bene, se quasi la metà dei pensionati italiani è sotto i 1.000 euro al
mese e oltre 2 milioni di essi non arriva neanche a 500 euro sembra quasi che la
colpa non sia stata del sistema previdenziale italiano (bassa età pensionabile, baby
pensioni, cattivo uso degli ammortizzatori sociali, ecc.) ma di quel 14% di
lavoratori che ha avuto l’ardire di andare in pensione con “pensioni d’oro”
(!!) comprese tra i 2.000 e i 5.000 euro lordi al mese.
Se invece ci riferiamo al conflitto
intergenerazionale e leggiamo quel che scrivono il nostro economista e il suo follower su twitter (lo dico senza ironia e con il massimo rispetto) allora
dovremmo concludere che anche una pensione di 2.000 euro mensili lordi dopo
quarant’anni di lavoro, giacché retributiva anziché contributiva, è comunque un
furto nei confronti del giovane precario di oggi.
E già perché in questo modo il giovane
precario o il giovane disoccupato anziché arrovellarsi a capire con chi
prendersela per la situazione spiacevole in cui si trova (uno Stato
imprevidente che anziché pensare a scuola, ricerca, formazione e a favorire gli
investimenti, lo sviluppo e l’occupazione ha sperperato risorse in una spesa
pubblica clientelare e inefficiente coperta per lo più con sempre nuove tasse;
imprenditori nel corso dei decenni attratti più dalla finanza che dall’industria;
sindacati autoreferenziali sempre più attenti al mondo della politica che a
quello del lavoro; ecc.) avrà davanti a se persone fisiche, in carne e ossa,
cui imputare la propria precarietà o la propria disoccupazione: il padre, lo
zio, il vicino di casa e tanti altri che con la loro pensione retributiva “d’oro”
di 2.000 euro lordi al mese gli starebbero rubando il futuro.
Non sono né un economista né un giurista né
tanto meno un politico e quindi lascio ad altri riflessioni su temi quali
rendimenti, diritti acquisiti, redistribuzione della ricchezza, conflitto
intergenerazionale, ecc. Avrei però qualche domanda alla quale mi piacerebbe
che qualcuno che in questi settori ne sa più di me mi rispondesse.
La prima, rivolta soprattutto a chi invoca il
“contributivo per tutti” subito, riguarda proprio quell’85% di pensioni sotto i
2.000 euro lordi al mese: non sono state anch’esse calcolate col sistema
retributivo? Cosa accadrebbe loro se da domani mattina venissero ricalcolate e
pagate col sistema “contributivo per tutti”? Non so certo dire di quanto ma
credo che calerebbero tutte subito, sia quelle sotto i 2.000 euro sia quelle
sotto i 1.000, salvandosi forse solo quelle sociali e quelle di invalidità che immagino
calcolate con metodi diversi dal retributivo o contributivo. Credo anche che
non ci potrebbero essere soglie al di sopra o al di sotto delle quali applicare
l’uno o l’altro metodo dal momento che ciò produrrebbe una disparità di
trattamento (ma la Costituzione sancisce il principio di uguaglianza) che
inoltre si andrebbe a sovrapporre, alterandolo credo illegittimamente, al
meccanismo della progressività del prelievo fiscale.
Mi chiedo poi se siano stati elaborati
sistemi di calcolo attendibili sulla differenza di trattamento derivante dall’applicazione
retroattiva del metodo contributivo e se si abbia un’idea concreta di quanto si
potrebbe “recuperare” con questa misura.
Mi chiedo anche se sia corretto cambiare continuamente
le regole del gioco, prima con un innalzamento improvviso e sensibile dell’età
pensionabile e poi con una eventuale riduzione retroattiva della pensione a tutti
coloro i quali, non toccati dalla riforma Dini, non erano stati indotti neanche
a riflettere sull’opportunità di far ricorso alla previdenza integrativa nel
frattempo introdotta.
Infine mi chiedo se un precario di oggi
riceverebbe un vantaggio maggiore dal taglio improvviso della pensione
retributiva del padre, che magari lo aiuta ad arrivare a fine mese, o piuttosto
da misure mirate a favorire lo sviluppo e l’occupazione. E non mi si dica, per
i motivi che abbiamo visto sopra, che queste misure potrebbero essere
finanziate proprio con i tagli alle cosiddette “pensioni d’oro”.
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