di Achille Nobiloni
A
leggerlo bene, il documento firmato da Confindustria e sindacati il 2 settembre
scorso a Genova somiglia più a una diagnosi che a una terapia. L’elencazione puntuale
dei problemi che affliggono il settore industriale sembra infatti far premio sull’indicazione
delle possibili soluzioni, forse un po’ generica e non particolarmente
approfondita. Un’altra
caratteristica del documento è quella di apparire piuttosto di parte: cioè di
mirare dritto ai problemi di settore quasi senza considerare altro.
E’ vero che “il Governo ha più volte dichiarato l’intenzione di uscire dalla crisi puntando sul ruolo dell’industria e sul lavoro” ma è anche vero che la gravità del momento è tale da richiedere un azzeramento e riprogettazione di tante situazioni da rendere poco verosimile la possibilità di concentrarsi su un solo tema a discapito di tutti gli altri.
E’ vero che “il Governo ha più volte dichiarato l’intenzione di uscire dalla crisi puntando sul ruolo dell’industria e sul lavoro” ma è anche vero che la gravità del momento è tale da richiedere un azzeramento e riprogettazione di tante situazioni da rendere poco verosimile la possibilità di concentrarsi su un solo tema a discapito di tutti gli altri.
Inoltre
le tre cartelle e mezzo firmate da Confindustria e sindacati contengono molte
richieste di “sostegno”, “agevolazioni” e “incentivazioni” ma volendo essere un
contributo al rilancio dell’economia nazionale in un momento in cui ognuno
dovrebbe essere pronto a fare la sua parte, sarebbe stato lecito aspettarsi di trovarci
dentro qualcosa di quello che industria e sindacati sono pronti a fare a patto che il governo
risolva i problemi da loro indicati.
Per
il momento Confindustria e sindacati dicono di aspettarsi “iniziative governative sostanziali, coerenti con le intenzioni più
volte dichiarate e utili a rimettere al centro la scommessa della crescita”.
Fisco, efficienza della Pubblica Amministrazione e razionalizzazione della
spesa pubblica sono le priorità “che
andranno declinate attraverso un confronto permanente con le forze sociali, con
al centro delle politiche economiche il tema della crescita e dello sviluppo
industriale per rilanciare l’occupazione e ridare fiducia al Paese in un quadro
di accordo sulle scelte strategiche di medio-lungo periodo”.
E
così mentre la diagnosi era già abbastanza nota, gran parte della terapia andrà
meglio definita nel tempo attraverso un “confronto
permanente con le forze sociali”. Si tratta di una modalità che per quanto
riguarda la definizione di adeguate politiche industriali prevede la
istituzione di “una cabina di regia
nazionale sulla crisi d’impresa che preveda la partecipazione del Governo, di
tutte le forze sociali e degli altri soggetti coinvolti (principalmente il
sistema delle banche e l’amministrazione fiscale) con il compito di individuare
strumenti e soluzioni adeguate alla drammaticità della situazione”. Insomma
un po’ “campa cavallo che l’erba cresce”,
che non è esattamente l’indicazione di cui ha bisogno in questo momento quello
che aspira a essere un Governo di svolta intento a rilanciare urgentemente l’economia
italiana.
Nel
documento non mancano comunque spunti concreti a fronte di tante richieste e il suo valore principale è senza dubbio quello di essere un documento unitario, di Confindustria e sindacati. Nulla
però vi si dice, e nemmeno vi si fa cenno, su quanti e quali investimenti e assunzioni, in
quali settori o aree geografiche, ecc. le industrie sarebbero pronte a mettere
progressivamente in campo se e quando il Governo riuscisse a risolvere il
problema 1), il problema 2), il problema 3) ecc. né si dice quali concessioni i
sindacati sarebbero pronti a fare in termini di flessibilità, retribuzioni,
previdenza, ecc. mano a mano che il Governo rimuovesse ostacoli o desse nuove
garanzie.
I contenuti del documento
- Fisco
La
prima richiesta è quella di “un sistema
fiscale efficiente, semplice, trasparente e certo, con poche e stabili
scadenze, non ostile all’attività di impresa e alla creazione di lavoro e che
non scoraggi le scelte degli investitori”. Di certo non si tratta di
un’impresa facile per un Paese che in materia fiscale è abituato a procedere a
tentoni, senza una strategia e mettendo una “toppa” dopo l’altra ma in un modo o nell’altro una riforma fiscale a 360° andrà pur iniziata.
In
particolare Confindustria e sindacati chiedono: la riduzione del carico fiscale
su lavoro e imprese; la riduzione del prelievo sui redditi da lavoro; la
eliminazione della componente lavoro dalla base imponibile IRAP; il
ripensamento della tassazione dei beni immobili dell’impresa strumentali
all’attività produttiva (il Comune di Termoli ha avuto il via libera della
commissione regionale del Molise per riscuotere 9 milioni di imposizione sulle
piattaforme petrolifere Edison); l’adozione definitiva delle attuali misure
sperimentali di detassazione e decontribuzione per l’incremento della
produttività del lavoro; la lotta all’evasione fiscale e l’impiego della leva
fiscale per il rilancio degli investimenti produttivi.
- Politiche industriali
Oltre
alla richiesta della “cabina di regia” nel documento si chiedono: il
rafforzamento degli investimenti nell’innovazione; lo sviluppo della “green
economy”; la creazione di una nuova finanza pubblica per lo sviluppo; la
riduzione del costo dell’energia.
Gli
strumenti dovrebbero essere: per l’innovazione,
un’agevolazione fiscale stabile e automatica per gli investimenti in ricerca e
sviluppo, una strategia nazionale coerente con il progetto comunitario Horizon
2020, una garanzia pubblica per favorire il finanziamento di grandi progetti di
innovazione industriale realizzati da filiere e reti di imprese, la rapida
attuazione dell’Agenda digitale italiana; per la green economy, un piano
strutturale di sostegno all’efficienza energetica e allo sviluppo delle
rinnovabili, un piano nazionale di intervento sulle bonifiche dei siti di
interesse nazionale, interventi per il consolidamento e lo sviluppo delle
filiere produttive collegate al recupero e al riciclo di materie prime da
rifiuti; per la finanza per lo sviluppo,
rafforzamento del meccanismo di detassazione degli utili reinvestiti a partire
dall’ACE, rafforzamento di meccanismo di accesso al credito, nuovo fondo per la
ristrutturazione industriale con la partecipazione della CDP e di altre
istituzioni finanziarie per la realizzazione di interventi temporanei nel
capitale di rischio di imprese in difficoltà ma con potenzialità di sviluppo;
per la riduzione del costo dell’energia, sviluppo delle infrastrutture
energetiche e relativa razionalizzazione degli iter autorizzativi in un’ottica
nazionale su standard europei, riduzione delle componenti parafiscali delle
bollette, consolidamento strutturale della convergenza fra i prezzi del gas
italiani e internazionali attraverso lo sbottigliamento delle principali
infrastrutture di interconnessione, revisione delle modalità di funzionamento
del mercato elettrico coordinando produzione da fonti rinnovabili e termiche
convenzionali.
- Revisione assetti
istituzionali ed efficienza spesa pubblica
La
prima richiesta è quella della modifica del Titolo V della Costituzione
riportando in capo allo Stato la competenza, precedentemente trasferita alle
Regioni, su materie di interesse generale quali semplificazioni, infrastrutture,
energia, comunicazioni e commercio estero, con contemporanea abolizione delle
Province e innalzamento della soglia dimensionale dei Comuni.
La
seconda, e altrettanto importante richiesta, è quella della revisione della
spesa pubblica attraverso l’abbandono del criterio dei tagli lineari e
lo svolgimento di un’analisi selettiva che riduca i costi impropri e definisca “costi standard”
da adottare rapidamente come metodo di finanziamento delle amministrazioni
pubbliche.
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