A Berlusconi converrebbe combattere la sua
battaglia da privato cittadino esortando i suoi a badare più alla governabilità
dell’Italia che alla volontà di rivalsa. Un partito con un unico insostituibile
leader somiglia più a una setta che a un partito.
di Achille Nobiloni
Da qualsiasi punto di vista la si guardi questa storia
di Berlusconi sembrerebbe dover avere un unico sbocco possibile per il bene
dell’Italia e dello stesso Berlusconi e questo sbocco dovrebbe essere un passo
indietro da parte dell’interessato.
Da un lato ci sono tre gradi di giudizio che affermano una verità che
per alcuni è sostanziale e per altri solo processuale; dall’altro c’è la tesi
del complotto secondo la quale questa verità, … solo processuale, sarebbe lo
strumento per far fuori il protagonista principale della vita politica italiana
degli ultimi venti anni; in mezzo ci sono la questione interpretativa sul se,
come e quando sia o non sia lecito usare questo strumento e il diritto alla
difesa (a oltranza) dell’imputato/condannato.
In un Paese normale basta l’ombra del sospetto per spingere alle
dimissioni, in Italia tre gradi di giudizio possono trasformare il condannato
in un martire. Il tutto naturalmente a discapito della certezza del diritto e
soprattutto della fiducia nelle Istituzioni.
Del resto con i ribaltoni cui siamo stati abituati nel corso degli anni
con numerosi processi “bis”, “ter” e “quater” e decine di sentenze cancellate
si capisce anche l’ostinazione di Berlusconi nel voler proclamare a tutti i costi
la propria innocenza e nel voler evitare o ridurre il più possibile la pena
comminatagli. Ma se è vero che qui la questione non è più solo personale ma
anche politico/istituzionale allora i due piani vanno ben distinti e chi pretende di avere più ragione
dovrebbe anche essere disposto a usarla.
Può la difesa del singolo avere implicazioni sulla vita di un governo?
Può un eventuale provvedimento di grazia servire a garantire “l’agibilità
politica”? Può un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo avere lo
scopo di un salvataggio politico?
Una volta si diceva: “Rassegno le dimissioni per avere la libertà di potermi difendere meglio” e forse è proprio questa la linea che converrebbe di più a Berlusconi. Del resto se in venti anni da politico non è riuscito a dimostrare e sconfiggere il complotto della Magistratura che nel tempo ha sempre lamentato forse la cosa potrebbe riuscirgli meglio da privato cittadino, lontano dalle presunte ritorsioni che le sue cariche politiche gli procuravano!
Inoltre appare singolare che un governo più o meno d’emergenza come
l’attuale funzioni e vada più o meno bene se Berlusconi conserva il suo seggio
di senatore e debba invece essere destinato a cadere se Berlusconi non siede più
in Parlamento. Allo stesso modo un eventuale provvedimento di grazia, o altra
soluzione o “garanzia”, può servire a evitare il carcere (o gli arresti
domiciliari o i servizi sociali) a chi è stato quattro volte presidente del
Consiglio per un totale di nove anni ma non è detto che debba servire a
consentirgli di continuare a fare tutto quello che faceva prima come se nulla
fosse stato. Così un ricorso alla Corte europea dei diritti “dell’uomo”, non
“dei parlamentari”, potrà stabilire se a Silvio Berlusconi siano stati garantiti
i suoi diritti di comune mortale e non essere interpretato e vissuto come una
denuncia di lesa maestà.
Sbaglierò ma per tutti questi motivi sono convinto che a Berlusconi converrebbe assai di più condurre la
propria battaglia da privato cittadino, abbassando i toni della polemica,
portando a casa un qualche beneficio di quelli che ormai anche il PD sembra
disponibile a concedergli ed esortando i suoi a badare più alla governabilità
dell’Italia che alla volontà di rivalsa.
Anche il Pdl o la rinascente Forza Italia non possono infatti continuare
a presentarsi con Silvio Berlusconi come unico insostituibile leader: un
partito con un unico insostituibile leader somiglia più a una setta
che a un partito.
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