di
Achille Nobiloni
Mi hanno sempre fatto un po’ innervosire quelli che in
televisione o alla radio o sui giornali parlano dell’Italia definendola “questo
Paese”.
Nulla di retorico o patriottico da parte mia ma solo un senso di
fastidio nei confronti di chi in questo modo dà l’impressione di volersi
mettere al di sopra dei fatti, come se non lo riguardassero e se ne dovesse
occupare quasi svogliatamente solo a beneficio degli altri.
Se non ricordo male questo modo di dire entrò in uso intorno
agli anni ’80 con un po’ di snobismo da parte di statisti dell’epoca, o
presunti tali, i quali evidentemente si consideravano cittadini del mondo,
dalle doti superiori alla media, che solo per avventura erano nati in Italia e
allora gli toccava occuparsi delle sorti di “questo Paese” piuttosto che di
quelle di altri meglio in arnese. C’era chi lo diceva con sussiego, chi con un
certo fastidio, chi con evidente aria di sufficienza, chi con paternalismo,
insomma secondo me …. tutti a sproposito.
Poi l’espressione è diventata di moda, è entrata nell’uso comune
e oggi la sentiamo pronunciare dal presidente del consiglio di turno fino
all’ultimo consigliere comunale, economista, capitano d’industria o
sindacalista che siano come se tutti essi fossero qui a fare una grazia a noi
comuni cittadini amministrando il paese, o quel che ne resta, dove viviamo
tutti insieme.
Ma smettiamola di darci le arie e ricominciamo a chiamarla
Italia!
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