mercoledì 9 novembre 2016

REFERENDUM COSTITUZIONALE: LA BALLA SULL'ART. 117


di Achille Nobiloni

Mi dispiace dirlo ma molti dei sostenitori del NO al referendum del 4 dicembre giocano sporco e cercano di imbrogliare le persone!!
Lo fanno dicendo loro che con la revisione costituzionale l’Italia rinuncia alla propria sovranità nazionale rimettendola nelle mani dell’Unione Europea. Lo fanno portando a sostegno di questa loro tesi la modifica dell’Art. 117 nella parte in cui recita che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni “nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali”.
Bene ma quanti di voi hanno letto e messo a confronto il vecchio e il nuovo Art. 117 della Costituzione? Quanti si sono accorti che nel primo capoverso, quello richiamato appunto da molti dei sostenitori del NO, sono assolutamente identici tranne che per la sostituzione di “comunitario” con “dell’Unione europea” cioè due espressioni che significano esattamente la stessa cosa?
Il fatto è che una volta, tanti anni fa, l’Unione si chiamava Comunità europea e il suo ordinamento era l’“Ordinamento comunitario”. Oggi che si chiama Unione europea “Ordinamento unitario” non significherebbe niente e quindi è stato corretto in “Ordinamento dell'Unione europea” ma è solo una correzione lessicale e nella sostanza non cambia nulla. Quindi dire che con questa modifica l’Italia rinuncia alla sua sovranità nazionale è solo un imbroglio!


Guardate con i vostri stessi occhi, nella foto qui sopra (cliccateci sopra per ingrandirla), questa famigerata modifica, e dite se non vi sentite presi in giro! Presi in giro da molte di quelle stesse persone che in cerca di fama e affermazione politica personali, al referendum del marzo scorso dicevano “Stop alle trivelle” e pubblicavano foto di scoppi e incendi sulle piattaforme a mare, foto di cormorani coperti di petrolio e volevano farvi credere che quel referendum serviva a evitare tutto questo invece che a lasciare sottoterra le riserve nazionali di gas naturale già scoperte e in corso di estrazione, impedendo, alla loro scadenza, il rinnovo dei permessi già concessi e in corso di sfruttamento.
Presi in giro da molte di quelle stesse persone in cerca di fama e affermazione politica personali che, non essendo riuscite a imbrogliare i cittadini con il referendum di marzo, si sono date appuntamento a quello di dicembre “per far cadere il governo Renzi”, denunciando così quello che è il loro vero obiettivo primario: far cadere il governo, per lasciare poi tutto come sta, continuare a fare i politici di mestiere tra mille chiacchiere e promesse come negli ultimi trenta/quarant’anni, il tutto sulle spalle del Paese e dei cittadini e anche con la pretesa di averli salvati da chissà quale congiura antitaliana e filoeuropea.
Ma quella meramente lessicale, da “ordinamento comunitario” a “ordinamento dell’Unione europea”, non è l’unica modifica dell’Art. 117. Esso restituisce allo Stato la competenza esclusiva su materie strategiche che le erano state sottratte con la modifica del Titolo V che, minando la certezza del diritto, tra un rimpallo di competenze, permessi, ricorsi e controricorsi, aveva determinato la paralisi in molti settori vitali per un paese come l’Italia, a partire da quello dell’energia e delle infrastrutture energetiche, per cui la costruzione di un qualsiasi insediamento produttivo diventava un terno al lotto, un procedimento della durata di anni, dall’esito incerto e sempre rimesso in ballo all’ultimo istante con la conseguenza di bloccare gli investimenti e far scappare la gran parte degli investitori esteri.
Ma anche nel riordinare questa materia il nuovo Art. 117 non spoglia le Regioni di tutte le proprie competenze e prerogative e lascia loro potestà legislativa su molte cose, tra le quali: pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno; programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali; p0rogrammazione dello sviluppo economico locale; disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo, ecc.
Leggere per credere: la famigerata modifica dell’Art. 117 è tutta riportata nelle fotografie qui sotto (cliccarci sopra per ingrandirle) e le variazioni sono evidenziate in neretto.

















1 commento:

  1. Quando, nel 2001, venne inserita l'espressione "Ordinamento Comunicario", l'Unione europea esisteva già.
    Con Maastricht (1993) venne meno la CEE e costituita la CE e l'UE, eppure venne scelto (comunque in modo deprecabile, ma non è che la riforma del 2001 sia proprio l'emblema della migliore riforma possibile), "comunitario" anziché Unione Europea. COMUNITA'!
    Nel 2001 c'era la CECA, la CEEA e la CE, oltre all'Unione Europea. Venne scelto "COMUNITARIO".
    Se fosse la stessa cosa, non ci sarebbe bisogno di alcuna rettifica di quell'articolo, ma la differenza c'è ed è sostanziale.
    Ribadisco che la riforma del 2001 ha costituito il primo cappio, ma a partire dal 2007, con il trattato di Lisbona (che eliminava le comunità per rendere l'unione assorbente di tutto) quel comma restava privo di significato, essendo venuti meno i soggetti giuridici comunitari a favore di un "sovra Stato-NON STATO.
    Scrivere, adesso, che la legislazione statale e regionale deve osservare la Costituzione e l'ORDINAMENTO UE, significa che la legislazione deve osservare i vincoli costituzionali e l'intero ordinamento di un altro Stato che ancora non c'è.
    Esempio con la vicenda del latte in polvere di poco tempo fa: Se questa disposizione costituzionale fosse già in vigore, la Legge 138/1974 sarebbe incostituzionale e il divieto di detenere, trasportare o commercializzare prodotti caseari contenenti, anche in minima parte latte rigenerato da latte in polvere, sarebbe non esistente

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