di
Achille Nobiloni
In Italia la prima cosa che un qualsiasi governo di destra o di sinistra dovrebbe fare è uscire al più presto dalla logica dei provvedimenti tampone e cercare di guardare i problemi del Paese con una visione a 360° e una prospettiva di lungo periodo.
Non
è possibile continuare ad affrontare il tema del lavoro e della crescita con improbabili
incentivi a pioggia, quello delle entrate con provvedimenti fiscali
improvvisati e incoerenti, quello dei tagli alla spesa con misure occasionali e
poco più che simboliche, quello delle pensioni con continue riforme e
controriforme ... e via dicendo, il tutto senza una strategia complessiva e senza
obiettivi chiari e misurabili nel tempo.
- Strategia chiara e
obiettivi ben definiti e misurabili nel tempo
Una
strategia chiara, con obiettivi ben definiti e provvedimenti coerenti, articolata
lungo un percorso verificabile tappa dopo tappa, scadenza dopo scadenza, sono i
presupposti indispensabili per coinvolgere tutte le parti sociali nello sforzo
comune di risanamento del Paese e sono anche i presupposti indispensabili per
garantire al governo, qualsiasi esso sia, il respiro e il sostegno popolare che
gli occorrono per portare a compimento un compito così gravoso.
L’ostacolo
principale a questo cambiamento del modo di governare è però l’ansia da
prestazione, la ricerca del risultato a breve: la stessa che nel recente
passato ha colpito i top manager d’oltreoceano, interessati più ai dati delle
trimestrali che ai progetti e ai risultati di lungo periodo.
L’Italia,
a causa della sua elevata instabilità politica, è un Paese esposto al rischio costante
di elezioni anticipate e questo fa sì che i governanti siano più inclini a
tamponare i problemi immediati delle rispettive clientele che non a risolvere i
problemi strutturali dell’intero Paese: una leggina ad hoc per una data
categoria di elettori porta un bottino di voti che non porterebbe certo la
gravosa riforma strutturale di un dato settore, i cui benefici potrebbero
arrivare dopo tre-cinque-dieci anni e dei quali si potrebbero avvantaggiare le parti politiche del
governo successivo. Quindi, ormai da molto tempo, la morale è sempre la stessa:
meglio un uovo oggi che una gallina domani.
I
nodi stanno però arrivando tutti al pettine: il sistema previdenziale è in
grado di garantire sempre di meno e a prezzo sempre più alto; il debito
pubblico aumenta incessantemente e non c’è verso di invertire il trend; il peso
fiscale è arrivato a livelli insostenibili; il mancato arrivo dei “nuovi
lavori”, che venticinque anni fa non si sapeva ancora quali sarebbero stati ma
che oggi avrebbero dovuto occupare il 20% dei giovani, impedisce il ricambio e
un riutilizzo più produttivo delle schiere di burocrati impiegati nella
pubblica amministrazione; disoccupazione giovanile e spesa pubblica sono
arrivate dove sono arrivate e a questo punto non è più possibile continuare a
far finta di niente e andare avanti col piccolo cabotaggio.
- Il coraggio di azzerare
e ridisegnare tutto.
Se
si vuole evitare che il sistema prima o poi collassi occorre avere il coraggio
di azzerare tutto e ridisegnare tutto da capo: il Fisco non può essere
continuamente tamponato aggiungendo oggi un’addizionale, domani un’altra o
cambiando nome a tasse e imposte; la Previdenza non può essere continuamente
modificata tra finestre, finestrelle, sistemi retributivo, contributivo, misto
e pensioni non più di vecchiaia ma comunque anticipate e penalizzate, forse si,
forse no, non si sa bene come e di quanto ecc. ecc. In questo modo oltre a non
risolvere i problemi e anzi lasciare che si aggravino sempre di più, si finisce
col ferire a morte la certezza del diritto e la fiducia nelle istituzioni,
senza le quali ogni riforma diventa quasi impossibile.
Dice Paolo Zegna, vicepresidente di Confindustria per l’Internazionalizzazione: “Pesa l’instabilità politica: all’estero si fidano poco di noi”. Ma perché, quanti e quanto in Italia si fidano dei nostri governanti, di qualsiasi colore essi siano?
Dice Paolo Zegna, vicepresidente di Confindustria per l’Internazionalizzazione: “Pesa l’instabilità politica: all’estero si fidano poco di noi”. Ma perché, quanti e quanto in Italia si fidano dei nostri governanti, di qualsiasi colore essi siano?
A
volte è impressione diffusa che l’Italia marci a velocità sostenuta verso una crisi
come quella dell’Argentina di qualche anno fa o quella più recente della
Grecia, con un rimescolamento drammatico delle classi sociali, alcune delle
quali ridotte alla miseria, e una situazione complessiva paragonabile a un
dopoguerra o a un post-rivoluzione.
In
alcuni casi si dice che “è meglio
sfasciare tutto per poi ricostruire tutto” e questo è forse eccessivo. Di
certo però non si può continuare a curare la malaria o il tifo con impacchi di
acqua fresca e credo ci sia un’unica soluzione possibile per reagire
efficacemente in uno scenario mondiale teatro di grandi trasformazioni, recenti
e meno recenti o ancora in corso, da parte di Paesi in rapida evoluzione quali
la Russia, la Cina, l’India, il Brasile e altri ancora, i quali si stanno
muovendo al loro interno e sul mercato mondiale con un approccio più aperto e
meno sensibile del nostro alle incrostazioni del passato, a vecchie rendite di
posizione o spocchia pregressa. La rivoluzione in atto in questi Paesi non
durerà in eterno e prima o poi essi ritroveranno nuovi equilibri e nuovi
assetti interni e grazie a essi si presenteranno con maggior forza e maggior
competitività sul mercato internazionale.
- Un piano d’azione di
lungo respiro col contributo di tutti
E
noi? Staremo ancora discutendo se è meglio stare dentro o fuori l’Euro e ci
staremo ancora facendo gli impacchi freddi nel tentativo di farci passare la
febbre?
Per
doloroso e difficile che possa risultare è necessario muoverci e muoverci
subito: mettere in fila i problemi; dare loro delle priorità; partire da quelli
più seri; elaborare piani di risanamento di lungo periodo a costo di dover
riformare interi settori e riscrivere daccapo tutta la loro normativa; spalmare
sacrifici e risultati lungo un percorso progressivo ma ben individuato in
partenza; darci degli obiettivi cadenzati nel tempo; verificare lo stato di
avanzamento lavori alle scadenze previste; correggere eventualmente il tiro con
soluzioni alternative ipotizzate e studiate in precedenza e comunque sempre
coerenti con il quadro di risanamento complessivo. La vera scommessa è capire
se e chi, fra i vari personaggi e movimenti o partiti politici, sarà in grado
di fare tutto questo.
Un
buon incentivo alla riuscita nell’intento potrebbe essere un generalizzato bagno di
modestia da parte di tutti i politici italiani, specialmente quelli della
vecchia guardia, fatto rileggendo quanto nel 1987 Giuseppe Turani scriveva nel suo “La Locomotiva Italia: quando e perché l’Italiasupererà Francia e Germania; l’economia dei Sette Grandi da oggi al 2025”
sulla scia dei due Governi Craxi: “Il cambiamento di cui sta per essere protagonista l'Italia è il più
grande di tutta la sua storia ed è, per molti versi, inevitabile. Solo una massa di errori potrebbe impedirle di essere, all'inizio del
terzo millennio, il primo Paese d'Europa, oppure un aggravarsi della crisi
demografica di cui si avvertono già i primi segnali”.
Bene,
errori o non errori, megalomania o crisi demografica, le cose sono andate come
sono andate e oggi c’è poco da scherzare: il problema non è più solo economico
o politico ma sociale e riguarda il futuro dell’Italia e di tutti gli italiani
e come tale andrebbe affrontato con un impegno deciso e congiunto di tutte le
forze politiche!
Achille condivido in toto la tua diagnosi; sono poco fiducioso che la terapia che indichi "azzeramento e ricostruzione" sia somministrabile a breve. I vertici dei partiti ancora si fanno dettare l'agenda dai problemi personali di Berlusconi o Renzi o Grillo, il Parlamento è eterodiretto e le periferie fungono da "radici" degli alberi centrali funzionali a "drenare" consenso. La tenaglia: vertici preparati e basi ansiose di riscatto che caratterizzò la generazione dei nostri padri sembra irripetibile. Spero di sbagliarmi ma temo che assisteremo ad interventi di "manutenzione" piuttosto che a vere " ristrutturazioni".
RispondiEliminaCondivido in pieno la tua analisi. Temo purtroppo, come anche da te evidenziato, che tutti pensano a risultati immediati e a salvaguardare il proprio orticello. Quest'ultimo non é solo un problema politico, ma ben più grave, perchè atteggiamento radicato nella nostra cultura e mentalitá. Azzerare anche quello per ripartire.
RispondiEliminaCaro Enrico, sono convinto che lo scenario da te indicato sia il piuù verosimile. Purtroppo però sarebbe una scelta miope che ci riserverebbe un futuro assai gramo ai margini dell'Europa e del mondo.
RispondiElimina