mercoledì 11 settembre 2013

Il documento Confindustria/sindacati: molte richieste, pochi suggerimenti, nessun impegno

di Achille Nobiloni
 
A leggerlo bene, il documento firmato da Confindustria e sindacati il 2 settembre scorso a Genova somiglia più a una diagnosi che a una terapia. L’elencazione puntuale dei problemi che affliggono il settore industriale sembra infatti far premio sull’indicazione delle possibili soluzioni, forse un po’ generica e non particolarmente approfondita. Un’altra caratteristica del documento è quella di apparire piuttosto di parte: cioè di mirare dritto ai problemi di settore quasi senza considerare altro.
E’ vero che “il Governo ha più volte dichiarato l’intenzione di uscire dalla crisi puntando sul ruolo dell’industria e sul lavoro” ma è anche vero che la gravità del momento è tale da richiedere un azzeramento e riprogettazione di tante situazioni da rendere poco verosimile la possibilità di concentrarsi su un solo tema a discapito di tutti gli altri.
Inoltre le tre cartelle e mezzo firmate da Confindustria e sindacati contengono molte richieste di “sostegno”, “agevolazioni” e “incentivazioni” ma volendo essere un contributo al rilancio dell’economia nazionale in un momento in cui ognuno dovrebbe essere pronto a fare la sua parte, sarebbe stato lecito aspettarsi di trovarci dentro qualcosa di quello che industria e sindacati sono pronti a fare a patto che il governo risolva i problemi da loro indicati.
Per il momento Confindustria e sindacati dicono di aspettarsi “iniziative governative sostanziali, coerenti con le intenzioni più volte dichiarate e utili a rimettere al centro la scommessa della crescita”. Fisco, efficienza della Pubblica Amministrazione e razionalizzazione della spesa pubblica sono le priorità “che andranno declinate attraverso un confronto permanente con le forze sociali, con al centro delle politiche economiche il tema della crescita e dello sviluppo industriale per rilanciare l’occupazione e ridare fiducia al Paese in un quadro di accordo sulle scelte strategiche di medio-lungo periodo”.
E così mentre la diagnosi era già abbastanza nota, gran parte della terapia andrà meglio definita nel tempo attraverso un “confronto permanente con le forze sociali”. Si tratta di una modalità che per quanto riguarda la definizione di adeguate politiche industriali prevede la istituzione di “una cabina di regia nazionale sulla crisi d’impresa che preveda la partecipazione del Governo, di tutte le forze sociali e degli altri soggetti coinvolti (principalmente il sistema delle banche e l’amministrazione fiscale) con il compito di individuare strumenti e soluzioni adeguate alla drammaticità della situazione”. Insomma un po’ “campa cavallo che l’erba cresce”, che non è esattamente l’indicazione di cui ha bisogno in questo momento quello che aspira a essere un Governo di svolta intento a rilanciare urgentemente l’economia italiana.
Nel documento non mancano comunque spunti concreti a fronte di tante richieste e il suo valore principale è senza dubbio quello di essere un documento unitario, di Confindustria e sindacati. Nulla però vi si dice, e nemmeno vi si fa cenno, su quanti e quali investimenti e assunzioni, in quali settori o aree geografiche, ecc. le industrie sarebbero pronte a mettere progressivamente in campo se e quando il Governo riuscisse a risolvere il problema 1), il problema 2), il problema 3) ecc. né si dice quali concessioni i sindacati sarebbero pronti a fare in termini di flessibilità, retribuzioni, previdenza, ecc. mano a mano che il Governo rimuovesse ostacoli o desse nuove garanzie.


Dal sito web di Confindustria

I contenuti del documento
- Fisco
La prima richiesta è quella di “un sistema fiscale efficiente, semplice, trasparente e certo, con poche e stabili scadenze, non ostile all’attività di impresa e alla creazione di lavoro e che non scoraggi le scelte degli investitori”. Di certo non si tratta di un’impresa facile per un Paese che in materia fiscale è abituato a procedere a tentoni, senza una strategia e mettendo una “toppa” dopo l’altra ma in un modo o nell’altro una riforma fiscale a 360° andrà pur iniziata.
In particolare Confindustria e sindacati chiedono: la riduzione del carico fiscale su lavoro e imprese; la riduzione del prelievo sui redditi da lavoro; la eliminazione della componente lavoro dalla base imponibile IRAP; il ripensamento della tassazione dei beni immobili dell’impresa strumentali all’attività produttiva (il Comune di Termoli ha avuto il via libera della commissione regionale del Molise per riscuotere 9 milioni di imposizione sulle piattaforme petrolifere Edison); l’adozione definitiva delle attuali misure sperimentali di detassazione e decontribuzione per l’incremento della produttività del lavoro; la lotta all’evasione fiscale e l’impiego della leva fiscale per il rilancio degli investimenti produttivi.
- Politiche industriali
Oltre alla richiesta della “cabina di regia” nel documento si chiedono: il rafforzamento degli investimenti nell’innovazione; lo sviluppo della “green economy”; la creazione di una nuova finanza pubblica per lo sviluppo; la riduzione del costo dell’energia.
Gli strumenti dovrebbero essere: per l’innovazione, un’agevolazione fiscale stabile e automatica per gli investimenti in ricerca e sviluppo, una strategia nazionale coerente con il progetto comunitario Horizon 2020, una garanzia pubblica per favorire il finanziamento di grandi progetti di innovazione industriale realizzati da filiere e reti di imprese, la rapida attuazione dell’Agenda digitale italiana; per la green economy,  un piano strutturale di sostegno all’efficienza energetica e allo sviluppo delle rinnovabili, un piano nazionale di intervento sulle bonifiche dei siti di interesse nazionale, interventi per il consolidamento e lo sviluppo delle filiere produttive collegate al recupero e al riciclo di materie prime da rifiuti; per la finanza per lo sviluppo, rafforzamento del meccanismo di detassazione degli utili reinvestiti a partire dall’ACE, rafforzamento di meccanismo di accesso al credito, nuovo fondo per la ristrutturazione industriale con la partecipazione della CDP e di altre istituzioni finanziarie per la realizzazione di interventi temporanei nel capitale di rischio di imprese in difficoltà ma con potenzialità di sviluppo; per la riduzione del costo dell’energia, sviluppo delle infrastrutture energetiche e relativa razionalizzazione degli iter autorizzativi in un’ottica nazionale su standard europei, riduzione delle componenti parafiscali delle bollette, consolidamento strutturale della convergenza fra i prezzi del gas italiani e internazionali attraverso lo sbottigliamento delle principali infrastrutture di interconnessione, revisione delle modalità di funzionamento del mercato elettrico coordinando produzione da fonti rinnovabili e termiche convenzionali.
- Revisione assetti istituzionali ed efficienza spesa pubblica
La prima richiesta è quella della modifica del Titolo V della Costituzione riportando in capo allo Stato la competenza, precedentemente trasferita alle Regioni, su materie di interesse generale quali semplificazioni, infrastrutture, energia, comunicazioni e commercio estero, con contemporanea abolizione delle Province e innalzamento della soglia dimensionale dei Comuni.
La seconda, e altrettanto importante richiesta, è quella della revisione della spesa pubblica attraverso l’abbandono del criterio dei tagli lineari e lo svolgimento di un’analisi selettiva che riduca i costi impropri e definisca “costi standard” da adottare rapidamente come metodo di finanziamento delle amministrazioni pubbliche.

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