giovedì 15 dicembre 2022

A PROPOSITO DI WEB: OCCHIO A NON BUTTAR VIA IL BAMBINO CON L'ACQUA SPORCA

di Achille Nobiloni

Non posso leggere l'articolo perché non sono abbonato ma fin dove ho potuto vedere non mi sembra una scoperta eccezionale. Sarà perché l'autore è nato negli anni '80 (lo dice lui stesso nelle prime righe) e quindi come memoria non va più indietro di internet, ma con la televisione è dagli anni '50 che c'è sempre stato chi produce contenuti e chi ne è non solo spettatore passivo ma fruitore più o meno consapevole.
Tanto tempo fa si diceva "l'ha detto la televisione!" e su quel che diceva la televisione c'era chi era pronto a farsi tagliare una mano anziché farsi venire un dubbio.
Il tutto poi per non parlare di Berlusconi il quale in epoca assai più recente a forza di produrre contenuti TV di cui quasi tutta l'Italia era spettatrice è diventato tre o quattro volte presidente del Consiglio e per poco non anche presidente della Repubblica.
Si certo è un peccato che la rete, con i social, i blog, i media online e le infinite possibilità di trovarsi, confrontarsi, interagire e costruire tante cose buone venga invece utilizzata sempre più spesso in modo non solo inutile ma anche fuorviante e a volte deleterio però credo che per chi si sforzi di usarla con criterio possa continuare a rappresentare ancora uno strumento potenzialmente molto valido mentre ridurre il tutto a una semplice bipartizione tra chi produce contenuti e chi ne è semplice spettatore credo faccia correre il rischio di buttar via il bambino con l'acqua sporca.

mercoledì 14 dicembre 2022

PARLANDO DI IRPEF: CHI LA PAGA... E QUANTO PAGA?

di Achille Nobiloni 

Sabato 10 il Corriere della Sera ha pubblicato a pag. 4 una tabella avente come fonte: Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate dedicato alle dichiarazioni dei redditi ai fini IRPEF. Itinerari previdenziali, relativa appunto all’imposizione sul reddito delle persone fisiche.

La tabella suddivide i contribuenti in dieci scaglioni di reddito annuo e per ogni scaglione indica la percentuale che esso rappresenta sul numero totale dei contribuenti italiani e la percentuale che l’imposta da loro pagata rappresenta sul gettito IRPEF totale.

Tanto per farla breve emerge che un quarto dei contribuenti italiani (il 24,97%) rientra nel primo scaglione di reddito, da 0 a 7.500 euro annui, e paga praticamente nulla, cioè solo lo 0,12%!

Per avere una visione più generale e immediata della situazione mi sono divertito a disegnare a mano una seconda tabella in cui ho raggruppato i contribuenti in soli tre scaglioni, che rappresentano comunque oltre il 99% dei contribuenti totali e più del 91% del gettito totale IRPEF.

I tre scaglioni in oggetto sono quelli con un reddito annuo da 0 a 20.000 euro, da 20.000 a 100.000 euro e da 100.000 a 200.000 euro. Ho lasciato fuori solo i contribuenti con reddito annuo superiore a 200.000 euro che sono lo 0,22% del totale e rappresentano l’8,88% del gettito.

Ebbene il quadro che emerge è che in Italia: il 58% dei contribuenti copre solo l’8% del gettito IRPEF; un altro 40% di contribuenti ne copre il 71%; l’1% dei contribuenti, quelli con reddito da 100.000 a 200.000 generalmente additati come “super-ricchi” e da sempre i più tartassati in fatto di addizionali, imposizioni straordinarie, “una tantum”, contributi di solidarietà, ecc., copre da solo l’11% del gettito nazionale IRPEF.

Mi sono poi divertito, si fa per dire, a calcolare quello che nella mia tabella ho chiamato “coefficiente di contribuzione” e cioè il quoziente derivante dalla divisione della percentuale di gettito per la percentuale di contribuenti per ciascuno scaglione.

A cosa può servire questo dato?

Non ne sono certo ma secondo me potrebbe essere: a) un indicatore dell’ampiezza del fenomeno della evasione fiscale; b) un indicatore degli effetti della progressività delle aliquote IRPEF.

Vediamo in che modo.

Se dividessimo il gettito IRPEF per il numero totale dei contribuenti verrebbe fuori che tutti i contribuenti pagano in assoluto la stessa cifra, a quel punto il “coefficiente di contribuzione” sarebbe pari a 1 per tutti… ma non ci sarebbe più alcuna correlazione col reddito né alcuna progressività delle aliquote impositive, due cose che invece sono alla base dell’equità fiscale!

Quando però nell’ipotesi del primo scaglione della mia tabella, quello con redditi da 0 a 20.000 euro l’anno e il coefficiente pari a 0,14, si vede che per coprire 1 punto percentuale di gettito IRPEF occorrono circa 7 punti percentuali di contribuenti (vale a dire che in quella che ambisce a restare una delle prime dieci potenze economiche del mondo il 58% dei contribuenti, come sottolineato prima, copre solo l’8% del gettito) può anche venire il dubbio che, a meno di non essere una grande potenza economica mondiale bensì un Paese abbastanza povero, qualcuno ci marci e non dichiari tutto il proprio reddito.

Se poi andiamo a vedere come all’interno del terzo scaglione, quello con redditi da 100.000 a 200.000 euro l’anno, appena l’1% dei contribuenti copra da solo l’11% del gettito totale ci si può fare un’idea forse un po’ più precisa degli effetti della progressività delle attuali aliquote IRPEF.

Se infine consideriamo come il cosiddetto “coefficiente di contribuzione” del terzo scaglione da me preso in considerazione risulti ben 78 volte più alto di quello del primo scaglione (11 contro 0,14) si potrà allora convenire che i contribuenti di questa categoria saranno anche degli pseudosuper-ricchi ma non si può certo dire che fiscalmente non facciano la loro parte fino in fondo! 

DUBBI SULL'ADEGUAMENTO DELLE PENSIONI ALL'ANDAMENTO DELL'INFLAZIONE

di Achille Nobiloni



Quello dell'adeguamento delle pensioni all'andamento dell'inflazione è per me un esempio di informazione assolutamente superficiale e incomprensibile.
La quasi totalità dei giornali mi sembra fare un uso confuso dei termini "fasce" e "scaglioni" per spiegare la progressività a rovescio dell'adeguamento in questione: più soldi alle pensioni più basse, meno soldi alle pensioni più alte.
Cercando di spiegarmi meglio... per il prossimo anno le "fasce" di adeguamento dovrebbero diventare sei (prima credo fossero tre o quattro) ognuna con una propria aliquota che varia, in modo regressivo, dal 100% al 35% dell'indice di inflazione quest'anno pari al 7,3%.
In altre parole alle pensioni più basse l'aumento del 7,3% sarà applicato per intero; alle più alte solo per poco più di un terzo (il 35% del 7,3%).
Quello che leggendo vari giornali e siti online non si riesce a capire è in che modo tale regressività verrà realmente applicata: la maggior parte delle fonti (usando indistintamente i termini "fasce" e "scaglioni") afferma che l'aliquota corrispondente a una data "fascia" si applica all'intero ammontare della pensione rientrante in quella fascia (in pratica come se parlando di IRPEF l'aliquota del 43% si applicasse non solo allo "scaglione" di reddito superiore ai 50.000 euro annui ma al reddito totale del contribuente) mentre solo in un paio di siti ho trovato scritto che le diverse aliquote di adeguamento della pensione si applicano in quota parte sui diversi "scaglioni" di ammontare che compongono la pensione.
In pratica secondo questa seconda versione, per me più corretta, il 7,3% di inflazione si applica: al 100% sulle pensioni fino a 2.100 euro (mi pare netti); all'80% sulla quota di pensione ("scaglione") da 2.101 a 2.620; al 55% sullo scaglione da 2.621 a 3.150; al 50% sullo scaglione da 3.151 a 4.200; al 40% sullo scaglione da 4.201 a 5.250 e al 35% sullo scaglione da 5.251 euro in su.
La maggior parte dei giornali dice invece che le percentuali qui sopra indicate si applicano all'ammontare dell'intera pensione a seconda della "fascia" in cui rientra e alcuni di essi hanno anche sviluppato il calcolo arrivando a indicare i relativi aumenti: una pensione da 2.100 euro salirebbe a 2.253; una da 2.620 a 2.773; una da 3.150 a 3.279; una da 4.200 a 4.353 e una da 5.250 salirebbe a 5.405.
A me pare che se ciò fosse vero si arriverebbe all'assurdo che due pensioni praticamente identiche, a cavallo di uno "scaglione" o "fascia" chiamatelo come volete, per esempio una pensione di 2.610 euro e l'altra di 2.630 (e quindi 10 euro sotto e 10 euro sopra il limite dello scaglione dei 2.620 euro) aumenterebbero a 2.762 euro (+142) la prima e a solo 2.735 (+105) la seconda... con la prima, più bassa, che addirittura scavalcherebbe la seconda.
Insomma sembra un assurdo ma in Italia tutto è possibile e i giornali e l'informazione in generale non aiutano a chiarire.
Un calcolo che ho fatto io prendendo ad esempio una pensione tanto alta da poter abbracciare tutti gli scaglioni o fasce e rendere quindi più evidente l'effetto delle due diverse interpretazioni riportate dai media è il seguente:
a) con l'adeguamento integrale all'andamento annuo dell'inflazione, una pensione di 6.000 euro netti dovrebbe salire a 6.438 euro (con un aumento di 438 euro pari al +7,3%);
b) nel caso riportato dalla maggior parte dei media salirebbe invece a 6.153 euro (+153; +2,55%);
c) nel caso di una regressività per scaglioni (analoga alla progressività dell'imposizione IRPEF) dovrebbe salire invece a 6.291 euro (+291) con un aumento percentuale medio del 4,85%.
Cosa accadrà in realtà il 1° gennaio 2023? Leggendo i giornali l'unica cosa certa che ho capito è che le pensioni sopra i 2.100 euro aumenteranno meno del 7,3%; sul "quanto meno" mi sembra che ancora una volta l'informazione fornita dai media sia parziale e confusa se non, in alcuni casi, addirittura errata ma questa negli ultimi anni è stata una costante dovuta alla complessità del nostro sistema fiscale e previdenziale e allo scadimento della qualità dell'Informazione stessa.
Il tutto senza considerare un problema di equità, visto che con le pensioni più alte vengono adeguate in modo decrescente, cui si accompagna la tassazione progressiva iRPEF, che di per se falcidia i redditi più elevati e che quindi penalizza doppiamente le pensioni più consistenti, per le quali i contributi sono stati invece pagati per intero.